Il piano dell'8a armata era complesso, ma ben studiato
e congegnato.
Simulando preparativi in vista di uno sbarco a nord del
Po, ci si sforzò di attirare l'attenzione - e quindi
le riserve - di Vietinghoff in quella direzione.
Per rafforzare l'impressione, all'inizio di aprile alcuni
commandos e la XXIV Guards Brigade occuparono la lingua
sabbiosa che separa le Valli di Comacchio dal mare, e pochi
giorni dopo uomini dello Special Boat Service si istallarono
sugli isolotti di questo vasto specchio d'acqua.
L 'attacco principale sarebbe stato sferrato, al di là del Senio, dal
V corpo inglese e dal corpo polacco.
Il primo doveva sfondare in una zona alquanto lontana
dal mare, in modo da cogliere i tedeschi di sorpresa; da
qui una parte avrebbe piegato a destra, investendo il fianco
del corridoio Bastia-Argenta (la cui denominazione corrente
era " Varco di Argenta "), appena a ovest delle
Valli di Comacchio, mentre un'altra parte sarebbe avanzata
in direzione nord-ovest per portarsi alle spalle di Bologna
e interrompere le vie di comunicazione che dalla città si
diramavano verso nord.
I polacchi dovevano sviluppare il loro attacco lungo
la Strada Statale n. 9, la Via Emilia, puntando più direttamente
su Bologna. Sull'ala destra (del V corpo) la 56a divisione
aveva il compito di prendere d'assalto il Varco di Argenta
con una mossa duplice: un attacco frontale e una manovra
di aggiramento con i" Fantails " attraverso le
Valli di Comacchio. L'ala sinistra dell'8a armata, consistente
in 2 corpi ormai ridotti all'osso, il X e il XIII, doveva
premere verso nord, al di là del Monte Battaglia,
finche la sua direttrice d'avanzata non fosse stata " chiusa " da
quelle convergenti dei polacchi e degli americani; a questo
punto il XIII corpo si sarebbe affiancato alla 6a divisione
corazzata per sfruttare il successo in profondità.
Dopo che le operazioni preliminari nelle Valli di Comacchio
ebbero attirato l'attenzione di Vietinghoff sul settore
costiero, nel pomeriggio del 9 aprile circa 800 bombardieri
pesanti e 1000, fra medi e caccia-bombardieri, scatenarono
sulle posizioni tedesche un massiccio bombardamento; nello
stesso tempo 1500 cannoni davano il via a una serie di
cinque concentrazioni di tiro della durata di quarantadue
minuti ciascuna con un intervallo di dieci minuti tra l'una
e l'altra; per questa ragione esse furono denominate " bombardamenti
falso allarme ". Poi, al crepuscolo, mentre le forze
aeree tattiche tenevano impegnati i tedeschi, la fanteria
cominciò ad avanzare. I difensori, già storditi
dalla grandinata di bombe e granate, furono letteralmente
atterriti dai carri armati lanciafiamme che accompagnavano
la fanteria.
Entro il 12 il V corpo di Keightley aveva attraversato
il Santerno, e ora procedeva a ritmo sostenuto. Sebbene
i tedeschi si andassero gradualmente riprendendo dallo
choc e si battessero con il consueto coraggio, il 14 il
ponte di Bastia cadde in mano alleata prima che i genieri
te. deschi ne avessero completato la demolizione.
(I " Fantails ", che avevano dato pessimi risultati
nelle Valli di Comacchio dove i fondali erano bassi e melmosi,
nella zona allagata intorno al Varco di Argenta si dimostrarono
invece assai preziosi.) Nonostante questi successi, fu
solo il 18 che gli inglesi riuscirono a portarsi al di
là del Varco di Argenta. Sforzi più duri
e prolungati dovettero compiere i polacchi per avere ragione
delle formidabili truppe della I. divisione paracadutisti
tedesca.
L'inizio dell'attacco della 5. armata USA, che doveva
scavalcare ancora parecchie catene di montagne prima di
raggiungere la pianura e piombare su Bologna, dovette essere
rinviato fino al 14 aprile in quanto le condizioni atmosferiche
non erano favorevoli (soprattutto per le forze aeree che
avrebbero dovuto appoggiarla). Il 15 la sua avanzata fu
aiutata dallo sganciamento di 2300 tonnellate di bombe,
un record per la campagna d'Italia. Ma per altri due giorni
i tedeschi della 4' armata resistettero con grande energia,
e fu solo il 17 che, sfondato finalmente il fronte tedesco,
la 10a divisione da montagna del IV corpo USA poté lanciarsi
verso l'importantissima Via Emilia.
Nel giro di due giorni la situazione precipitò:
il 19 il fronte tedesco stava crollando, gli americani
erano arrivati ai sobborghi di Bologna e le loro avanguardie
corazzate erano già in marcia verso il Po.
Quasi tutte le forze di Vietinghoff erano state impegnate
in prima linea, ed egli aveva ben poche riserve per contrastare
le penetrazioni alleate. Pertanto gli era ormai preclusa
ogni possibilità di stabilizzare il fronte o di
districare le sue forze, e l'unica speranza di salvarle
risiedeva nella ritirata: una lunga ritirata. Ma Hitler
aveva già respinto le proposte del generale Herr
per una difesa elastica, mediante ripiegamenti tattici
da ciascun fiume al successivo, un metodo che avrebbe potuto
frustrare il tentativo offensivo dell'8& armata inglese.
Il 14 aprile, poche ore prima che gli americani passassero
all'offensiva, Vietinghoff chiese di essere autorizzato
a ritirarsi sul Po prima che fosse troppo tardi. Il suo
appello fu respinto, ma il 20 egli si assunse la responsabilità di
ordinare personalmente la ritirata.
Ma ormai era troppo tardi. Con due ampie e rapide mosse
aggiranti, le 3 divisioni corazzate alleate avevano tagliato
fuori e accerchiato quasi tutte le forze nemiche.
Sebbene molti tedeschi riuscissero a mettersi in salvo
attraversando a nuoto il largo fiume, chiaramente essi
non erano in condizione di organizzare una nuova linea
difensiva. Il 27 gli inglesi attraversarono l' Adige e
scavalcarono la Linea Veneziana, che copriva Venezia e
Padova.
Procedendo con ancor maggiore rapidità, gli americani avevano occupato
Verona già il giorno prima. Il giorno precedente all'ingresso degli
americani a Verona, e cioè il 25 aprile, ebbe luogo l'insurrezione generale
delle forze partigiane, che cominciarono ad attaccare ovunque i tedeschi.
Tutti i passi alpini furono bloccati entro il 28 aprile,
giorno in cui Mussolini e la sua amante, Claretta Petacci,
furono presi e fucilati da una banda di partigiani nei
pressi del lago di Como. Le truppe tedesche si stavano
ormai arrendendo in massa, e dopo il 25 aprile l'inseguimento
alleato incontro ovunque una resistenza pressoché nulla.
Il 29 i neozelandesi raggiunsero Venezia, e il 2 maggio
Trieste, dove il principale motivo di preoccupazione si
rivelò la presenza non dei tedeschi, bensì degli
jugoslavi.
-------------------
E' interessante osservare anche questa presentazione (powerpoint) elaborata nel 2006 da Emaneule Mastrangelo per Storia in Rete. Le immagini mostrano le posizioni italo tedesce in Italia del nord nel mese di aprile 1945.
|