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Generalismo (Bozza)
  di Pietro Bondanini

Le particolarità sulle quali si posa l'attenzione dello specialista, oscurano la visione sull'insieme dei fenomeni interconnessi: chi é lo specialista in grado di progettare i circuiti di connessione? Si puo iniziare con un gioco!

 

Pensavo di chiudere la questione dello specialismo con l'antispecia-lismo. Mi sono accorto che l'argomento è suscettibile di ulteriori sviluppi interessanti, se lo si assume non sotto forma di anti (negativo) ma sotto quello di pro (positivo).

Infatti, al buio, non si contrappone il non buio, ma la luce: pertanto allo specialismo non si contrappone l'antispecialismo che nega solo e non afferma nulla, ma il generalismo che contiene lo specialismo in forma coordinata: come la luce che, diminuendo d'intensità, non si trasforma mai in buio che, in assoluto, non esiste in natura. Nel post dell'antispecialismo ho concluso che 100 specialisti scoordinati creano solo caos e ciò deriva dal fatto che, a capo del progetto, non c'è nessuno in grado di coordinarli.

Quindi, 100 specialisti allo sbando non potranno realizzare nulla sino a ché non vi sarà un piano capace di realizzare una sintesi tra le miriadi di proposte prodotte singolarmente dagli anzidetti 100 specialisti.

Chi fa il piano?

Chi lo dirigerà? Quale sarà la personalità in grado di svolgere l'incarico?

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Ciò che accade in questo tormentato periodo ultradecennale di transizione che il nostro amato Paese sta attraversando, è il vero motivo che mi spinge a trattare l'argomento che coinvolge questi tre miei post, perché il fenomeno specialismo-generalismo esplica i suoi effetti in un ordine che va anche oltre la politica, in generale, e il nostro Paese, in particolare.

Perché? Perché lo specialismo si è addentrato talmente nel particolare che, gli specialisti - sempre più presi nelle loro applicazioni e propensi a considerare ciò che fanno come essenziale in un mondo che è esclusivamente loro e che esclude ogni altro che li contrasti - non riescono a realizzare quelle interconnessioni necessarie a collegare il risultato dei loro lavori secondo piani coordinati.

Chi potrebbe risolvere questo problema?

Il Generalista? Il Signor Chetuttosà?

Non basta. In mezzo alla baraonda specialistica occorre in primo luogo stabilire una gerarchia di specialità raggruppandole per ordine d'importanza in relazione al progetto o ai progetti da realizzare. Fatto questo, occorre delineare il profilo del Capo in grado di realizzare il progetto. Infine occorre scegliere la Persona che abbia i requisiti corrispondenti al profilo.

In un'impresa di produzione e servizi la cosa è relativamente semplice, perchè i fattori da tenere sotto controllo sono tutti misurati in funzione del profitto.

In una nazione retta su base democratica, la cosa è molto più complicata perchè tra i fattori da tenere sotto controllo non é solo il profitto, che nel caso specifico corrisponde al PIL, ma un complesso eterogeneo di entità non misurabili che vanno dall'accontentare chi fa cosa, dal soddisfacimento della sicurezza, dall'affrancamento dal bisogno, sino alla realizzazione della condizione di benessere e felicità sociale di tutti i cittadini. Tutte entità non misurabili e di difficile definizione che navigano nell'oceano della politica e delle manovre lobbistiche che si creano intorno ad interessi particolari che porta ognuno a trarre il maggior vantaggio per se stesso o per il gruppo che rappresenta.

Quindi, perchè sia efficace, il generalista dovrebbe portare a sé tutte le conoscenze specifiche delle specializzazioni che costituiscono gli assunti da generalizzare e, allo stesso tempo, essere dotato dell'autorità necessaria a rivestire la qualità di Capo; in sintesi dovrebbe essere una Persona che riassuma tutte caratteristiche che l'incarico richiede. Dico una Persona: non un gregario, un funzionario di partito; insomma, non un personaggio qualsiasi capace solo di rivestire un incarico pro-tempore, come uno dei tanti (anche galantuomini!) Presidenti del Consiglio dei Ministri che hanno governato (si fa per dire!) il Paese in base a programmi inconsistenti, velleitari e sovente del tutto inesistenti!

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Ciò di cui l'elettore maggiormente soffre, quando è chiamato ad esprimere il voto, è il senso di abbandono e la lontananza che lo separa dalla politica. La sofferenza è dovuta, in massima parte, alla mancanza di trasparenza negli atti prodotti dai tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) da una parte, e, dall'altra, ad una comunicazione non chiara e spesso distorta per le frequentimanifestazioni di pacchiana demagogia offerte dagli organi che li costituiscono.

Memore di tante illusioni sulle quali sono caduto nel scegliere questo o quel partito nella cabina del voto, memore di non aver mai manifestato preferenze per i candidati per timore dell'annullamento della scheda elettorale, e, soprattutto, per le perplessità che costoro provocano per la mancanza di contatti idonei a costituire una comunicazione al di sopra delle loro asserzioni fondate prevalentemente sulla genericità, mi sono messo a pensare se ci fosse un qualche modo per andare a votare con più tranquillità.

Per far cessare ogni mio timore, a mio parere, occorrerebbe che si avverassero, preliminarmente, queste tre condizioni che non dipendono dalla volontà dell'elettore, ma che dovrebbero essere messe in atto dai partiti e dai poteri costituiti:

  1. Sicurezza che il voto non sia manipolato;
  2. Il programma dei partiti corrisponda ad un'etica condivisa ed ai significati politici proposti;
  3. I candidati rispecchino i requisiti richiesti perchè la loro azione sia conforme al programma.

Al riguardo, suggerisco un gioco: Il gioco di Pibond©. Per iniziare occorre pensare alla propria persona; individuare quali siano le libertà (non i diritti) ritenute irrinunciabili per sé, per i propri cari, per i conoscenti e per l’umanità intera. Si gioca soli o con amici che condividono le stesse idee o che non ne hanno, ma entrambi corrono dietro un progetto con lo scopo di far vincere il proprio candidato.
Il gioco che non ha pretese scientifiche, ma quello di orientare le scelte su un certo numero di Persone/modello al quale conformare il proprio candidato ideale e ricercarlo tra quelli che si propongono per tali.

Vilfredo Pareto ci ha insegnato che le azioni degli uomini sono per la massima parte non logiche e, fondamentalmente, in quelle dei politici ne troviamo un campionario strabordante. Questo gioco ha lo scopo di impostare uno schema sul quale far apparire due cose: quanto sia non logico fondare le scelte sulla parola (demagogia) e quanto sia logico fondarle su un modello (paradigma politico condiviso) costruito ad hoc.

 

Roma, 30 ottobre 2006

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