Le prime otto pagine del manoscritto      
    di Emilia Belzoppi Bondanini
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Presentazione
di Pietro Bondanini
 
 

Seppi dell'esistenza di mia bisnonna e dei suoi scritti nelll'estate del 1943. Abitavo a Verucchio ove, con mamma, mio fratello e la nonna materna, andammo sfollati da Ferrara. Papà raramente poteva venirci a trovare: allora, in tempi di guerra, con le comunicazioni interrotte, percorrere 150 km era una avventura. La casa di Verucchio era di mio nonno paterno Settimio; la mise a nostra disposizione perché, per via della guerra, già da qualche anno era disabitata e non poteva raggiungerla da Losanna, in Svizzera, dove esercitava le sue occupazioni abituali. Poco dopo essere giunti a Verucchio, si unì a noi anche zio Valerio, sfollato da Roma.

Questo breve preambolo per dire che, a nove anni, ebbi l'opportunità di sbirciare nel cassetto sinistra del comò in camera da letto dei nonni e scoprire il manoscritto delle Memorie e Diario della mia bisnonna paterna. Mi disperdevo ammirato tra le innumerevoli pagine in bella calligrafia, cosciente che mai sarei riuscito ad imitarla.

Pensavo anche, nella mente di fanciullo di IV classe elementare, che l'opera avrebbe meritato una copertina più dignitosa con una rilegatura più solida.

In effetti, i tre libri del manoscritto rimasero in quel cassetto sino al 1950, quando il nonno, ottantenne, per aver cessato le sue attività, si trasferì con nonna Ida, a Verucchio, da Losanna.

Ida morì nella seconda metà degli anni cinquanta e Settimio nella prima degli anni sessanta. Settimio, ancora negli anni '50, affidò l'opera a Valerio, il quale, assieme alla moglie Margaret, trascrivesse i testi in più copie ottenute con la carta carbone usando la macchina per scrivere. La trascrittura fu interrotta alla data del 13 dicembre 1900, corrispondente alla morte del marito dell'Autrice, Salvatore. A tutt'oggi, parte del secondo volume e tutto il terzo debbono essere ricopiati.

Col consenso dello zio, dal testo dattiloscritto, in data 8 settembre 2003 trassi il materiale per pubblicare su questo sito le sole pagine significative di carattere storico e politico (133 pagine), escludendo quelle famigliari successive alla nascita di Angelina, prima figlia di Emilia.

Senza pubblicarle sul web, trascrissi anche la parte "Vita domestica" (altre 105 pagine) intitolando "Memorie", quella parte di poche pagine del diario. Utilizzai le 238 pagine per stamparle in una decina di esemplari, tra i quali, uno pervenne ad Andrea da Inzago, un pronipote di Paolo, fratello di mio nonno Settimio. Andrea né curò la stampa utilizzando il titolo originale che Emilia dette ai suoi scritti: "Passato remoto, ma sempre presente".

Alla fine dell'anno 2004, quando incontrai, per l'ultima volta in vita, Zio Valerio: mi confermò di essere io il destinatario del manoscritto originale, e mi chiese se era mia l'intenzione continuarne la pubblicazione. Ne parlammo e convenimmo che dopo cent'anni, non sarebbero sorte complicazioni e concludemmo che la qualità storica e letteraria dell'opera meritasse la pubblicazione completa di tutti i suoi allegati e riferimenti.

E' presumibile che l'Autrice, pur avendo interrotto le registrazioni col capodanno 1917, abbia conservato presso di sé il manoscritto sino alla morte. Successivamente il carteggio passò da un figlio all'altro sino a giungere a Settimio come risulta scritto dalla moglie Ida in una lettera indirizzata a Arnaldo (Dino, mio padre) il 18 aprile 1934, nella quale racconta come qualmente di aver ricevuto il manoscritto da Chino con l'incarico di inviarlo a Pino.

In quella lettera mia nonna dice di non poterlo inviare perché potesse leggere il manoscritto, ma prega di mettersi in contatto con Anna, l'ultima nata tra i rampolli di Emilia per averlo definitivamente.

Sta di fatto che presumibilmente Anna lo tenne sino a quando gli eredi decisero di trasferire la casa avita in Verucchio, in via Sant'Andrea 22 a Settimio, e da allora fu Settimio il consegnatario del carteggio. Peraltro la casa rimase disabitata e solo custodita sino 1942, quando, durante la guerra, prima Arnaldo con la famiglia, e poi Valerio, l'abitarono come sfollati dai bombardamenti rispettivamente di Ferrara e di Roma.

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