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Parmenide ed Eraclito: un dilemma!
di Pietro Bondanini

Dio non gioca a dadi

 

“La storia passa sulle nostre teste senza che nulla si possa fare per modificarla o arrestarla!"

Così ho scritto nella presentazione di questa sezione: "... nulla si possa fare ...".

Impersonalmente la frase regge, ma se si ammettesse l'esistenza di un soggetto capace di tanta potenza, chi potrebbe essere?

Con riferimento all'episodio della scheggia che non ha colpito papà mio e dell'altra scheggia che ha colpito un signore sconosciuto forse pure lui padre di altrettanta prole, cosa è successo?

C'è una prole più fortunata di un'altra?

L'artigliere che ha sparato il colpo di cannone non entra nel gioco?

Quale obiettivo costui doveva centrare nella direzione indicata dal comando?

L'obiettivo era anche la tesa di un cappello?

Prima del suo verificarsi, questo episodio, doveva succedere o poteva succedere?

 

Per una situazione analoga rinvio alla lettura di un episodio in "Favole e raccontini brevi/Tempo di aratura" riguardante Giaruul che, durante un operazione di pattugliamento col suo amico Gigiola, al tempo dell'occupazione militare italiana in Grecia, si trovarono nella necessità di sparare il primo colpo di fucile.

Episodi del genere se ne potrebbero citare a migliaia, anche non ricercandoli necessariamente in tempo di guerra, ma termino qui gli interrogativi perché non voglio emulare Italo Calvino che è un mito nel rappresentare l'attimo fatale: nel tutto, l'evento si esaurisce in un crescendo verso una situazione di inesauribile tenzone tra casuale e causale; tra dimensioni temporali e spaziali dall'infinito al nulla!


I volti di Parmenide ed Eraclio sulla copertina di 'Il futuro è già deteminato?'Non scriverei queste cose, oppure le scriverei in modo diverso, se non avessi appena letto "Il futuro è già determinato?" di Ilya Prigogine, appena uscito da Di Renzo Editore.

Già il titolo ed il volto dei due filosofi greci sulla copertina ha esercitato su di me un effetto calamita: il mio entusiasmo è salito alle stelle quando ho letto, a pagina 32, la dichiarazione dell'autore di non sapere "quale sarà la posizione della luna tra un milione di anni" ma che "l'esistenza di milioni di insetti che osserviamo è una prova di quella che potremmo chiamare la creatività della natura."

L'autore, nel contesto del periodo nel quale è inserita la breve frase qui riportata, richiama il pensiero di due grandi filosofi: Parmenide ed Eraclito.


Un dilemma che ha interessato i filosofi sino ad oggi e che non ha trovato soluzione: ha ragione Parmenide, oppure Eraclito?
Prigogine in poche pagine vuole dimostrare che il dilemma può essere inserito in una cornice matematica esatta.

Non voglio riassumere lo svolgimento del tema dal punto di vista matematico e per questo, chi ha interesse faccia come me: spenda € 8,50 comprando il libro presso: www.internetbookshop.it e si convinca, sempre come me, che, le sue argomentazioni sono decisamente efficaci nel confutare certe tendenze di pensiero che, con caparbia pervicacia, vogliono sopravvivere.

Tento di rappresentare, a modo mio, le conseguenze di quanto espone!

Innanzi tutto, sembra che il dilemma Parmenide - Eraclito non sussista. Entrambi hanno ragione: l'unico a rimetterci un po' le penne, a mio parere, è Platone che pasticcia le cose tentando di risolvere il dilemma con "l'essere" e "il non essere" per dire che il cambiamento è insito in ciò che è e che non appare. Platone sostanzialmente dice che bianco non è nero; bontà non è cattiveria e da tutto ciò che è preesistente, nasce il cambiamento dopo uno squilibrio ovvero una lotta insita in tutte le cose create.

Le due concezioni sono vere nell'ambito di ciò che si vuole osservare.
La natura si manifesta sotto varie forme ed ognuna di queste ha caratteristiche sue peculiari nell'ambito delle dimensioni che si prendono a base dell'osservazione.
Siccome non sono un fisico, né un matematico, ma un modestissimo speculatore nell'osservazione di fenomeni naturali, cerco di chiarirmi le idee esaminando, sull'onda del pensiero di Ilya Prigogine, se quei fenomeni, oggetto di studio della sociologia e della psicologia abbiano, nel fondo, un comportamento affine.

Mi pongo una domanda: tutti i fenomeni compresi nelle scienze citate, sono integrabili? Ovvero stabilito un principio scientifico come quelli osservati nella fisica classica, esiste per il tempo una direzione privilegiata sulla quale fare previsioni esatte anche per l'economia?
Se fosse così la risposta alla domanda fatta dall'autore nel titolo della propria opera sarebbe: il futuro è determinato nella misura in cui si possa prevedere la data della scomparsa universale della povertà, ad esempio.

Ilya Prigogine ci ricorda che, "per la fisica classica, il futuro ed il passato giocano lo stesso ruolo e tutto procede in modo predeterminato e che, per la termodinamica, tutto va verso la morte: la morte termica".
Così si prevede anche la morte fisica di una persona, aggiungo io, con tutto l'ausilio della scienze medica (causalità) e statistica (causalità) che, dai tempi dei nostri antichi e celebri filosofi, hanno progredito all'inverosimile.

Quindi, anche il benessere universale?

Nel modo classico con cui gli eventi si susseguono con regolare continuità si arriva solo a sintetizzare la storia universale in: nacque, visse e morì.

Ovvero nel senso pessimistico come in un processo di termodinamica.

Il succedersi delle civiltà dimostrano che una certa concezione deterministica della storia ha un fondamento logico, ammesso però che ogni storia sia fine a se stessa.

In realtà le regolarità storiche sono interrotte da perturbazioni, da flussi provocati dai sistemi esterni a quelli osservati e che creano nuovi cicli di fenomeni la cui evoluzione è imprevedibile in relazione all'esperienza passata.

Ogni fenomeno vive all'interno di un sistema che non può essere spiegato dentro il sistema stesso: ad esempio la relazione 1+1=2 non può essere dimostrata dall'aritmetica (ricordate l'episodio di Achille e la tartaruga?), come l'esistenza di Dio non può essere spiegata né dalla teologia né dalla filosofia perchè trattasi di verità autoreferenti non dimostrabili come dice Goedel nel suo teorema.

Nell'ambito dei rispettivi sistemi, queste identità sono atti di fede. Il fatto che la prima relazione sia stata dimostrata in matematica analitica non comporta il fatto che si debba anche dimostrare che per credere in Dio debba esserci una dimostrazione.

La lezione di S. Tommaso apostolo c'insegna qualcosa al riguardo: vedendo il costato ferito del Cristo ha creduto, e quando ha creduto avrebbe anche potuto (come facoltà - libertà - libero arbitrio) continuare a non credere.

Gli egiziani hanno costruito le piramidi prima che Pitagora facesse la dimostrazione del suo famoso teorema!

Quindi occhio ai flussi, alle discontinuità, alle tendenze che si susseguono nelle fasi di regolarità. Sono i fatti entelechiani, da me rinominati “follie”, che possono darci potenti segnali degli andamenti futuri.

Ricordo che dai tempi del Trattato di Yalta, si diceva che l'impero sovietico era un colosso dai piedi d'argilla.
Ci sono voluti quasi cinquanta anni perché crollasse il muro di Berlino e chi sopravvisse da allora con questa convinzione, ebbe la soddisfazione di dire che aveva ragione.


Ilya Prigogine sembra convinto che si possa arrivare alla integrazione, ma, per ora, siamo fermi alla biologia e tra la sociologia e la psicologia. Forse nuove scoperte nel campo della fisica, porteranno nuovi elementi per fare previsioni temporali. Per ora contentiamoci di ciò che sappiamo già del futuro che vedo in una sua evoluzione in senso ottimistico.

Quale futuro?

Non quello della costruzione di un nuovo muro di Berlino!

Ilya Prigogine dà preziose indicazioni, al riguardo e riporto, per intero quanto dice nelle conclusioni a pagina 45 del suo libro più volte qui ricordato.

"Arriviamo così ad una diversa concezione della realtà.
Laplace e Einstein credevano che l'uomo fosse una macchina all'interno della macchina cosmica.
Spinoza affermava che senza saperlo siamo tutti macchine, cosa che non sembra particolarmente soddisfacente. Tuttavia, nel descrivere il nostro universo evoluzionistico, abbiamo fatto solo i primissimi passi. La scienza e la fisica sono ben lontane dall'essere complete, come invece qualche fisico teorico vuole farci credere.
Al contrario, ritengo che i vari concetti, che ho cercato di descrivere in questo mio intervento, dimostrano che siamo solo all'inizio. Non sappiamo esattamente cosa corrisponde al Big Bang, non sappiamo cosa determina le famiglie delle particelle, non sappiamo in che direzione si muove l' evoluzione biologica.
Posso concludere il mio intervento con qualche osservazione generale. La fisica del non equilibrio ci ha fornito una migliore comprensione del meccanismo della comparsa degli eventi. Gli eventi vengono associati alle biforcazioni. "Il futuro è già determinato?". Soprattutto in quest'epoca di globalizzazione e di rivoluzione basata sulle reti, il comportamento a livello individuale è il fattore chiave nel plasmare l'evoluzione dell'intera specie umana, proprio come poche particelle possono alterare l'organizzazione macroscopica della natura e dar luogo alla comparsa o scomparsa di strutture dissipative. Il ruolo degli individui è più importante che mai e questo ci porta a credere che alcune delle nostre conclusioni rimangano valide nelle società umane.
Una famosa affermazione di Einstein dice che il tempo è "un'illusione". Einstein aveva ragione per i sistemi integrabili ma il mondo intorno a noi è essenzialmente formato da sistemi non integrabili. Il tempo è la nostra dimensione esistenziale. I risultati qui riportati dimostrano che il conflitto tra Parmenide e Eraclito può essere estrapolato dal contesto metafisico e formulato nei termini della moderna teoria dei sistemi dinamici."


Con quanto precede concludo col dire che nell’ambito dei rapporti umani non è tanto importante il fattore deterministico, quanto, invece l’evolversi degli eventi con tutto il loro intrecciarsi di correlazioni e di discontinuità:

  • le prime, sottoposte ad attento esame danno traccia alle tendenze,
  • le seconde con tutto il loro carico di indeterminazione hanno bisogno di essere inquadrate in studi specifici per accertare quanta parte deriva dall’immanente e quanta parte dal trascendente.

Il problema è da sempre lo stesso, ma l’approccio, seguendo la metodologia proposta, potrebbe dare interessanti risultati.

Roma 23 aprile 2003
Revisione 6 maggio 2004
Revisione del 18 novembre 2009

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