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Ho sempre avuto la dilettantesca passione di leggere
e di seguire cose di scienza e di filosofia tenendomi aggiornato
quel tanto che basta per soddisfare la mia personale curiosità.
La cosa non mi ha recato vantaggi sul piano dei contatti umani;
anzi, se avessi avuto qualche altra passione come quella di tifoso di una squadra di calcio,
le mie puntate al bar aziendale, alle vigilie e nei giorni successivi
le manifestazioni sportive, sarebbero state meno fugaci, come,
al contrario era nelle altre giornate in cui la conversazione poteva
cadere su altri temi che ritenevo assai più interessanti.
Dico queste cose perché la passione con la quale tratto
gli argomenti di questa sezione è analoga a quella di chi
segue la propria squadra del cuore!
Sin qui ho tratto dal filosofo quel tanto che basta per arrivare
a farmi cacciare da tutti i bar d’Italia e dintorni: “Fatto
entelechiano? No party!” …. e, a questo punto, devo
porre rimedio alla cosa sostituendolo con un altro termine che
lo renda anche più comprensibile.
Senza ripercorrere i passi della ricerca nel campo della fisica
sui quali, peraltro, mi sono documentato su vari libri di divulgazione
scientifica tra i quali, di Antonino Zichichi (Perché io
credo in colui che ha fatto il mondo – 1999 e Galilei divin
uomo - 2001, entrambi editi da “Il Saggiatore”) e di
Stephen Hawking (Dal big bang ai buchi neri edito da Rizzoli -1988),
arrivo direttamente alle conclusioni alle quali è giunta
la scienza che, per denominare le particelle subnucleari, scoperte
nel primo quarto del secolo scorso, ha usato termini di fantasia
anziché il greco come tradizionalmente avveniva.
Il greco classico è servito sino alla scoperta che l’atomo è divisibile
in tre parti le quali, appunto, furono chiamate protone (il primo),
elettrone e neutrone; successivamente, quando i fisici si resero
conto che la forza di gravità da sola, senza la presenza
di altre forze, non era sufficiente per impedire il collasso dell’atomo,
scoprirono le particelle subnucleari che appunto generano quelle
forze atte a mantenerlo in equilibrio.
E così i fisici scatenarono la loro fantasia: Murray Gell-Mann
scelse il termine “quark” per denominare questa essenziale
particella, senza la quale nulla esisterebbe, da una brano da “La
veglia di Finnegan” di James Joyce: “quark” figura
tra le centinaia di suoni, rumori, parole inesistenti che compaiono
nel sogno corrotto dall’ubriachezza di Finnegam!
I fisici scoprirono poi che esistono diverse varietà di
quark e le chiamarono: su, giù, strano, incantato, fondo
e cima.
Così la scienza, al punto in cui è giunta, si è liberata
dalla classicità in cui è vissuta sino allora, per
percorrere nuove strade svincolate da tutte le teorie precedenti.
Queste ultime, peraltro, ne costituiscono ancora i pilastri: Aristotele
credeva che la materia contenuta nell’universo fosse composta
da quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco); Democrito pensava
che la materia fosse costituita da un gran numero di tipi di atomo
(in greco, indivisibile): entrambi avevano ragione dal loro punto
di vista ed il loro è ancor oggi considerato un assunto
da dimostrare in quanto la scienza è ancora ben lungi dallo
svelare tutti i misteri della natura.
Aristotele e Democrito hanno formulato queste teorie dopo aver
fatto un certo numero di osservazioni e indubbiamente bisogna riconoscere
loro un grande merito perché, ancora oggi, sono considerati
i precursori della scienza fisica e patrimonio della nostra cultura.
Ma, per essere buone teorie, non è sufficiente fare una
classificazione corretta dei fenomeni osservati; occorre, invece
fare qualche predizione come appunto, ad esempio, nella teoria
della gravitazione di Newton che è in grado di calcolare
con alto grado di precisione, i moti dei satelliti intorno ai loro
pianeti e dei pianeti intorno al sole.
Infine quando si è scoperto che l’atomo, che vuol
dire indivisibile, è divisibile …. addio greco e
gli scienziati hanno ricercato altrove la terminologia. James Joyce
ha inventato la parola e Murray Gell-Mann gli ha dato un significato!
Tutto quanto precede riguarda la fisica!
Mi chiedo se esistono analogie anche nel susseguirsi delle vicende
che riguardano le scienze umane. Se ci sono queste analogie è ragionevole
considerare ancora valida la rappresentazione delle storie nazionali
per mostrare l’epoca in cui viviamo e quella che tendenzialmente
seguirà?
Infatti, come la lingua greca è servita sino alla scoperta
del neutrone, a mio parere, le rappresentazioni storico cronologiche
nazionali possono servire solo alla spiegazione delle vicende umane
sino all’11 settembre 2001.
Con “Ground Zero” inizia una nuova era e da quell’accadimento
le vicende umane debbono essere considerate in senso unitario:
la storia va ripercorsa ricercando quei fatti, importanti, essenziali
che hanno creato o interrotto i cicli epocali che l’umanità ha
percorso evolvendosi sin dalla sua origine.
Fatti enetelechiani? No, grazie, propongo di chiamarli “follie”!
Roma, 5 maggio 2003
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