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Circolazione delle Elette
di Pietro Bondanini

Ecco la lista dei capi di governo italiani dal 1921 al 1945: Bonomi, Facta, Mussolini, Badoglio, Bonomi: i due Bonomi sono la stessa persona il cui nome è Ivanoe!

 

G.H. Bousquet, uno dei più devoti discepoli di Pereto, nella prefazione a I Sistemi socialisti nel testo della seconda edizione, pubblicata in Francia (la prima è del 1902) e rivista per la traduzione italiana operata nel 1951 per il n. 10 della collana Sociologi ed Economisti dell'UTET, delinea con chiarezza e semplicità i fondamenti sui quali si regge l'analisi critica ai movimenti di sinistra che già allora erano entrati nel vivo nel determinare le politiche nazionali dei paesi Europei. Da questa fonte traggo lo spunto per delineare un profilo storico non basato sui fatti, ma sugli effetti delle manifestazioni che hanno avuto sulla società del momento.

Per Pareto il presente illumina il passato e viceversa; la loro analisi comparata mette in luce la loro profonda analogia sotto aspetti mutevoli.
Il suo sforzo è teso verso la scoperta di fatti costanti che si nascondono dietro apparenze variabili: noi non differiamo molto dai nostri antenati, il presente somiglia al passato e perciò bisogna studiarli allo stesso modo. (...) Pareto non spiega cosa sono i sistemi socialisti, ma analizza la tumultuosa congerie di fatti ed eventi passati e presenti dai quali appare che di scientifico c'è solo il suo metodo ed i sistemi sono raggruppamenti vaghi ed incoerenti di teorie che nel loro insieme manifestano questi caratteri comuni.

Ecco ciò Bousquet ritiene lecito trarre come conclusione sul carattere del socialismo nella sua unità e variabilità che sinteticamente si può riassumere:

  1. Prima di ogni altra cosa, tutti i sistemi socialisti cercano di restringere il diritto di proprietà privata e di estendere i diritti dello Stato, a detrimento della libertà individuale.
  2. Inoltre, almeno nell'epoca moderna, essi corrispondono, nei strati superiori della società, a uno sviluppo dei sentimenti umanitari, che fanno parte di quelli studiati da Pareto, nel Trattato, sotto il nome di « residui della classe quarta ».
  3. Viceversa, il socialismo nelle classi inferiori corrisponde a un sentimento accresciuto della loro propria dignità; sentimento che fa parte dei «residui della quinta classe ». Pareto ha forse omesso di sottolineare la cosa con sufficiente, forza.
  4. Infine, il fenomeno socialista traduce il gioco di molteplici interessi economici e un movimento di circolazione di elette, come Pareto non cessa di mostrarci nel corso della sua opera. Sono questi fattori che contano, e non le teorie più o meno assurde, le «derivazioni» socialiste. Questo è l'insegnamento fondamentale, che Pareto ci dà.

Vilfredo Pareto ha gettato il sasso nello stagno e affondato il dito nella piaga aperta dagli avvenimenti che il mondo ha vissuto nel primo quarto del secolo scorso.

Riporto parte del suo pensiero ricordando quanto ebbe a disquisire in merito al marxismo e ne parlo proprio per rilevare come gli argomenti sugli accadimenti umani evolvano seguendo lo sviluppo degli eventi stessi e come eventi passati, visti oggi sotto un occhio più evoluto, possono essere suffragati da argomentazioni più convincenti.

L'errore che, a detta di molti, fece Marx fu quello di pensare che la classe dominante (patrizio, feudatario, mercante, borghese) costituisca il proprio capitale appropriandosi del lavoro del povero (plebeo, liberto, schiavo, servo della gleba, proletario).

In buona sostanza Marx sostenne che la lotta di classe doveva essere praticata unendo i proletari con lo scopo finale di combattere, ovunque nel mondo, la borghesia, abbattuta la quale, si sarebbe costituito un ordine socio-economico universale in perfetto equilibrio.

Ma chi è il proletario?

Il termine letteralmente indica chi, per vivere, non fa altro che prolificare ovvero chi, per patrimonio, possiede solo propri figli e cioè un "senza censo", ovvero "un cittadino incapace di pagare le tasse" la cui sopravvivenza dipende esclusivamente dall'assistenza pubblica e dai propri figli.

La storia ci dice che patrizi e plebei, non aventi altro patrimonio che i propri figli, erano considerati proletari pur mantenendo il proprio casato; quindi, questi, non avevano alcun motivo di attuare una lotta di classe se non quella di costituire la numerosa folla supplicante "panem et circenses".

Il Manifesto del Partito Comunista formula al riguardo un equivoco che, specialmente oggi, appare in tutta in tutta la sua evidenza: l'Amministratore delegato di una multinazionale, ovvero il CEO per dirla all'inglese, è - marxianamente - un borghese o un proletario?

Marx non riesce a parcepire la figura dell'imprenditore che intende compresa in quella del capitalista, cioè quella persona che può mantenersi lussuosamente in città (Borgo), che investe il provento delle proprie rendite per trasformarle in capitale sottraendolo ai proletari. Ecco perchè, per Marx, il CEO è un proletario che ruba il salario ai propri sottoposti: il CEO è un traditore della propria classe; un crumiro al soldo del padrone.

Rifuggo dal citare nomi di personaggi, ma ritengo che, in Occidente, di borghesi puri così come intesi da Marx, ne siano rimasti molto pochi perchè, tali sono coloro che vivono esclusivamente delle rendite prodotte da loro speculazioni (peraltro, i grandi patrimoni ora sono gestiti da società o conferiti a fondazioni) e non chi crea ricchezza gestendo una piccola o grande impresa nè chi percepisce ricchi o modesti emolumenti con il lavoro proprio o alle dipendenze di terzi associati a rendite o interessi rispettivamente ottenuti da proprietà o risparmi accumulati nel tempo.

Pareto mi precedette in queste mie osservazoini! Infatti disse: bando alle teorie generalizzanti che confondono schiavi, plebei e servi della gleba con i proletari, da una parte, e dall'altra, patrizi, nobili e cavalieri con i capitalisti e vediamo dove sta la verità. Sostenne infatti che le teorie, i sistemi politici, ed ogni altra dottrina ecc. sono costruite dagli uomini per velare le vere ragioni delle loro azioni. In realtà, agiscono sotto il dominio dell'istinto e della passione e le teorie si elaborano con la pretesa di giustificare anche il peggiore dei loro atti.

Pareto visse la prima guerra mondiale, vide l'ascesa del fascismo e morì nel 1923.

Pochi anni dopo iniziarono le purghe staliniane ed il ventennio successivo, dopo la seconda guerra mondiale, iniziò un periodo durato oltre trent'anni dominato dalla guerra fredda.

Fu una guerra combattuta sotto il deterrente delle armi nucleari tra occidente ed oriente nell'emisfero nord dell'orbe terracqueo, tra un'economia di mercato ostacolata dal protezionismo statale e dai grandi gruppi monopolistici, da una parte e, dall'altra, un'economia ingessata con una pianificazione statale che arrivava a regolare la produzione sino ai più modesti beni di consumo.

Era un equilibrio imperfetto da entrambe le parti ma con una differenza sostanziale: una forza contrattuale regolata dallo stato tra singoli cittadini nell'ambito dei quattro fattori di produzione (terra, lavoro, capitale e impresa) ed una forza contrattuale unilateralmente esercitata dallo stato che si appropria di tutti i fattori di produzione compensandone uno solo: il lavoro col salario confiscando la rendita, l'interesse ed il profitto.

Infatti rinnegando la proprietà privata, Marx confuse il fattore impresa con quelli della terra e del capitale facendo un tutt'uno tra rendita, interesse ed utile da una parte, e dall'altra attribuendo al fattore lavoro un salario residuo dalle spese per i piani annuali, quinquennali, straordinari, ecc. Questo la dice lunga sullo stacanovismo!

°°°

Pareto intuì tutto su quanto sarebbe successo dopo la sua morte, tutto nel senso delle azioni che ne sarebbero derivate in base alle teorie socio-politiche nate a ridosso della rivoluzione industriale e successivamente senza però parteggiare per nessuno e senza indicare chi avrebbe vinto.

Infatti sostituì il concetto di lotta di classe con quello della circolazione delle elette e con ciò risolse, sotto l'aspetto scientifico, il suo problema, ma non indicò quale bandiera avrebbe dovuto essere seguita per stare col vincente per i successivi cinquant'anni considerando questo periodo pari alla speranza media di vita di un adulto, né per i successivi due: sopravvisse pochi mesi all'avvento del fascismo e non sembra che abbia mai espresso una preferenza per questo movimento. L'unico rimprovero che gli può essere mosso ancora oggi è quello di non aver condannato la presa di potere di Mussolini ma di aver considerato il suo movimento tra i tanti emergenti per giustificare le azioni di una nuova eletta in sostituzione di quella obsoleta ed inetta.

Ma non fu così: pochi anni dopo la morte di Pareto si osservò che l'eletta rimase la borghesia e gli ex popolari - benché saliti sull'Aventino e rimasti colà per oltre un ventennio - si ebbero i Patti Lateranensi. E così fu pace tra Stato e Chiesa, 58 anni dopo la breccia di Porta Pia. L'eletta era sempre quella ed anche i cosiddetti proletari, dopo i padroni, iniziarono ad iscriversi al fascio littorio consolidando la storica tradizione corporativistica italiana.

Il ricambio avvenne solo nella classe politica e solo per un ventennio e poi tutto tornò ad essere come prima. Quanti di noi hanno notato che Ivanoe Bonomi (a prescindere da Facta) fu l'ultimo presidente del Consiglio dei Ministri prima dell'avvento di Mussolini e fu anche il primo dopo la caduta di Badoglio?

L'eletta politica ha circolato ... ed è tornata. Nulla è cambiato? Cos'è successo nel ventennio? .. nel cinquantennio precedente ed in quello successivo? Cosa è realmente rimasto e cosa è cambiato?

Continuando ancora per poco, con i ragionamenti di Pareto, sembra che il pensiero che copre le azioni dell'una e dell'altra parte ponga un velo sulle reali ragioni delle azioni degli uni contro gli altri: tra questi i teorici di partito, sociologi, economisti, analisti di tutto e di più che abilissimi sanno tutto della loro materia circoscritta, ma che spesso dimenticano che il governo dell'interdipendenza tra le azioni umane non è volto a realizzare il benessere universale (per non parlare di felicità), bensì a risolvere di singoli problemi, uno alla volta, secondo l'urgenza che ciascuno di essi assume nell'orizzonte temporale di durata di chi ha la potestà di governarli.

 

Roma 5 maggio 2003
Revisione del 27 aprile 2006
Revisione del 22 aprile 2007

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Fatti di ieri, idee di oggi
01-Introduzione
02-Complicazioni
03-La Torre civica
04-Potenza
05-Follia
06-La prima follia:      Babele
Van Coppenol, il calligrafo
07-Via Vilfredo       Pareto
08-Le azioni degli       uomini
09-Residui e       derivazioni
10-Follie e reattività      sociale
11-Noi ed il nostro      futuro
12-Da una boa      all'altra
13-Le Frecce      Tricolori
14-La Matrioska
15-Il Fantolino
16-Tre pilastri per un'      idea
17-Idee circolanti
18-Circolazione      delle Elette
19-Tsunami
20-Sapienza e      scienza
 
 


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