A volte può capitare che una successione
di accadimenti determini un evento coinvolgente la comunità umana
nella sua interezza.
Questo evento incide sulla vita di tutti e si integra in una,
dieci, mille, milioni e miliardi di storie, tante quante sono le persone di questo mondo.
L'11 settembre 2001 dov'ero? Quanti anni avevo allora? Cosa pensava
la gente, intorno a me? Cosa si leggeva sui giornali?
°°° L'8 settembre 1943 avevo nove anni.
Ricordo tutto di allora: è il mio personale 8 settembre,
sofferto con gli occhi di bimbo, che, ogni sabato, con la mamma
ed il fratello, attendeva il ritorno del padre che lavorava in
città sotto la minaccia dei bombardamenti.
In quei tempi eravamo sfollati in una città collinare di Romagna: Verucchio,
ora in provincia di Rimini.
La casa dove si abitava era quella di mio nonno, a ridosso della
collina sovrastata dalla torre civica sulla quale era installata
una campana che, per dimensioni e peso, era stata progettata per farsi
sentire nel paese e sul versante dell'ampia valle sulla quale si
sviluppa il territorio comunale.
A quel tempo il campanaro incaricato dal comune di suonare la
campana era Pipirillo. Gli ero amico e spesso, allo scadere dell’ora
sesta, salendo sull’erta della collina, lo andavo a trovare.
L’aspettavo alla porticina di accesso. Era chiusa e Pipirillo,
all’ora convenuta, arrivava e l’apriva con una chiave
enorme che infilava nella toppa ormai trasformata in un buco informe
dal quale traspariva la serratura arrugginita. Tra le corde che
risalivano verso l’alto usava, con molta delicatezza, quella
collegata al batacchio, perché le travi di sostegno della
campana erano ormai in condizioni di fatiscenza.
L’effetto della sua opera era così modesto che più volte
mi scappò detto: "La tua campana non la sento nemmeno
a casa mia: che la suoni a fare?"
Rispondeva qualcosa che non ricordo ma, un giorno, disse che, quando
la guerra avrebbe avuto termine, l'avrebbe suonata a distesa e
lo scampanio si sarebbe sentito sino a Sant'Arcangelo, Rimini e
San Marino.
Mi accertai della direzione dell'asse di oscillazione della campana
e mi tranquillizzai assai nel constatare che, da ambo i sensi era
in direzione della zona collinare scoscesa e disabitata.
Venne il 25 luglio 1943.
Dalla radio appresi delle dimissioni del Cavaliere Benito Mussolini
e come tutti i giorni feci la mia visita a Pipirillo.
Il suo umore era alle stelle ma il batacchio colpì il bronzo
con la solita delicatezza.
La guerra non era ancora finita, sosteneva Pipirillo, ma ogni
giorno che passava aumentava la sua carica di energia pregustando
la gioia di annunciare la pace su tutto il territorio di sua competenza
ed oltre.
Pipirillo disponeva della campana per esprimere la sua potenza!
°°°
Venne l'8 settembre 1943!
Ecco la data fatidica. Pipirillo ce
la mise tutta!
I legni di sostegno scricchiolarono paurosamente; il suono della
campana divenne sempre più assordante; l'oscillazione lungo
il suo asse percorse un arco di quasi 120°.
Qualcuno, sfidando il pericolo di finire sotto un rovinoso crollo,
si avvicinò alla torre e gli urlò di smetterla e
di aspettare che i tedeschi se ne andassero!
Povero Pipirillo! Aveva creduto, come tanti italiani, che la pace
sarebbe venuta poco dopo.
Subivamo una vergognosa sconfitta e quella campana aveva emesso
suoni grotteschi. La sera dell'8 settembre nessuno, in paese, era
felice.
Tutti erano preoccupati per aver visto il nostro esercito allo
sbando, ridotto a mendicare abiti civili e una nuova minaccia era
imminente: tutti l’avvertivano. Anch'io che avevo nove anni.
°°°
A parte il fascino del suo nome o "soprannome", che
dir si voglia, Pipirillo interpretava il proprio ruolo professionale
comunicando avvenimenti universalmente veri: lo scorrere delle
ore ed altro che qui dico.
Attraverso il suono della campana, nei suoi vari ritmi e modulazioni,
Pipirillo proponeva un cambiamento al quale i suoi concittadini
dovevano adeguarsi: è l'ora di alzarsi, è l'ora di
colazione; è l'ora di lavorare; è l'ora di andare
a letto.
Comunicava anche altro: alle sei del mattino, dopo il risuonare
dell'ora, indicava con un tocco se il cielo era sereno; con due
tocchi, se era coperto; con tre tocchi, se pioveva e con quattro
tocchi se nevicava.
Immaginate il godimento di quel concittadino che, secondo i programmi
della giornata nascente, poteva continuare ad oziare un'oretta
nel letto, senza doversi alzare, perché il tempo atmosferico
non avrebbe consentito l'esecuzione del programma della giornata!
Viceversa, immaginate il disappunto di chi doveva anticipare l'alzata
per mettere le proprie cose al riparo della pioggia o della neve!
Pipirillo sapeva tutto ed il suo ruolo era di grande prestigio!
Era capace anche di redarguire chi non si alzava in tempo per curare
i propri interessi.
L’8 settembre 1943 Pipirillo, col suo mezzo di comunicazione
antico e sgangherato, sfidando le leggi fisiche sulla resistenza
dei materiali, aveva diffuso una falsa notizia!
L’8 settembre 1943 Pipirillo perse credito e fiducia avviando
il suo mezzo di “comunicazione di massa” a celebrare
il suo irreversibile cammino verso l’obsolescenza.
Roma 8 settembre 2002
Revisione 29 gennaio 2004 |