Nella pagina precedente ho affermato un principio fondamentale che ritengo opportuno richiamare come segue:
i beni materiali disponibili e la trasformazione di essi con l'utilizzo di fonti energetiche rese potenzialmente inesauribili dallo sviluppo tecnologico, affrancano gli uomini dalla schiavitù e consentono a tutti di essere liberi e di condurre un'esistenza dignitosa.
Non sembra vero, ma è ragionevole pensare che la società umana possa oggi raggiungere un nuovo equilibrio nei rapporti sociali coinvolgendo tutti nella conduzione di una esistenza serena e non più vincolata ai bisogni impellenti creati dalla carenza di beni primari che sono quelli indispensabili per la sopravvivenza.
In più parti del mio sito rilevo che, oggi, l'economia è caratterizzata da un mercato dove la domanda non genera più l'offerta, ma è l'offerta che genera domanda per consumi crescenti in quantità e qualità a prezzi che si adeguano ai target di consumatori distribuiti per classe di reddito, di sesso, di età, di cultura ecc.
Se è vera questa osservazione, le crisi di sovrapproduzione, che sino alla metà del secolo scorso hanno afflitto l'economia, non dovrebbero più accadere perchè la disponibilità dei beni sul mercato è regolata dalla domanda indotta dalla stessa offerta e, allo stesso tempo, sempre in base al principio anzidetto, la disponibilità dei beni sul mercato dovrebbe essere sufficiente a garantire a tutti i viventi, ovunque abitino, un benessere adeguato per godere di un orizzonte economico allargato ad oltre i beni primari.
Eppure sembra che succeda il contrario. In realtà osserviamo che la schiavitù esiste ancora, che un terzo della popolazione mondiale non dispone di mezzi sufficienti per vivere in modo accettabile e che gli sforzi posti in essere per ridurre il divario tra ricchi e poveri non sembrano avere successo. Perchè? Mancanza di mezzi? Razzismo? Classismo? Ignoranza? Sfiducia nella capacità di assimilare il modo di vivere di noi occidentali?
Questo ed altro potremmo chiederci, ma, a mio parere, la risposta è una sola: tra noi, c'è un pessimismo diffuso che ostacola la generazione di un modello accettabile per noi stessi e per gli altri. A mio parere, le cause possono riassumersi in queste tre proposizioni:
- il disorientamento generato dalla mancanza di riferimenti condivisi;
- la frammentazione del potere generata dallo sconvolgimento della gerarchia dei valori;
- la separazione della responsabilità dei singoli dalla funzione politica, economica e sociale esplicata.
Penso che questi siano i tre punti fondamentali dai quali partire per diffondere un modello di vita accettabile e che dovrebbe avere origine dai singoli o non più da strutture statuali ormai ridotte ad essere relitti che generano distorsioni insopportabili quali:
- la deresponsabilizzazione dei singoli,
- la cooptazione clientelare,
- i meccanismi di delega passiva,
- l'estensione delle gerarchie,
- il corporativismo,
- consociativismo sindacale e politico
- ecc.,
Mi avvalgo di pubblicazioni che ritengo particolarmente utili per esporre quali siano le cause ostacolanti la diffusione della libertà dal bisogno, nonostante il fatto che oggi le tecnologie siano disponibili ovunque:
- Marcello Veneziani - La sconfitta delle idee - Le idee non servono più, in politica e nella società, nella cultura e nella comunicazione - Laterza (2003).
- Edoardo Narduzzi - Sesto Potere - Chi governa la società nell'era della tecnologia di massa e dell'innovazione permanente - Rubettino (2004);
Dalla quarta pagina di copertina traggo da entrambi i libri questi brevi cenni del loro contenuto
La sconfitta delle idee - Le idee non servono più. Sono ritenute d'intralcio al potere e al piacere, agli ascolti, al mercato e alla vita. Di loro sopravvivono solo i gusci vuoti o i loro idoli e al loro posto trionfa la retorica, il puro vitalismo, il culto del denaro o resistono i vecchi residui dell'ideologia e dell'utopia.» Dall'autore della "Cultura della destra", un viaggio impietoso tra gli intellettuali e il potere, i mass media e l'Occidente, animato da una convinzione: nessuna civiltà può sopravvivere alla fine delle idee.
Il Sesto potere è il nuovo potere sociale rappresentato dalla tecnologia. Si tratta di un potere caratterizzato dal possesso da parte dei suoi detentori di una conoscenza specialistica. Esso, tuttavia, è un potere più "democratico" il cui accesso è regolato solo dalla cooptazione meritocratica e non dall'appartenenza a caste particolari. Il saggio analizza gli aspetti che caratterizzano questa nuova forma di potere e i suoi riflessi sulla società attuale.
I temi trattati da questi due autori sono quelli che mi accompagneranno nel continuare il percorso di Argomenti, non tanto in questo capitolo, ove gli eventi presenti sono visti come si pensava ieri e, purtroppo, oggi come ieri (ecco l'origine della mancanza di idee), ma in Pecunia e Moneta, dove tento di ricomporre la frammentazione così caoticamente disposta dalla globalizzazione operata senza alcuna linea guida di riferimento.
Credo opportuno ripetere che non è una nuova utopia che serve alla bisogna ma riportare la gente a ritrovare i propri valori nel proprio contesto sociale in corso di mutazione verso l'integrazione globale.
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Alle pubblicazioni più sopra ricordate aggiungo queste altre due apparse successivamente:
- Marcello Veneziani - Contro i Barbari - La civiltà e i suoi nemici interni ed esterni;
- Massimo Fini - Il ribelle dalla A alla Z - "Un ribelle deve esserlo almeno in una certa misura anche a se stesso"
Roma 18 luglio 2006
Revisione del 23 aprile 2007 |