Premetto che tutto quanto dico è fondato sulla mia fede: Dio è il creatore di tutte le cose visibili ed invisibili e l’uomo è fatto a Sua immagine e somiglianza. In poche parole, nel creato, sono antropocentrico.
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Tra le definizioni della storia che figurano qui a fianco, preferisco quella di Kierkegaard (1813-1855) che fu il primo a riconoscere nella storia la categoria della possibilità. La trascrivo:
“Il passato non è necessario al momento in cui diviene; non è diventato necessario divenendo (che sarebbe una contraddizione); e lo diviene ancora meno attraverso l’intelligenza: guadagnerebbe ciò che l’intelligenza perderebbe giacché allora quest’ultima intenderebbe una cosa diversa e sarebbe una cattiva intelligenza.”
(Philosophisce Broken,1844,IV,§4)
Questa definizione potrebbe suonare come un’eresia per chi è convinto che il proprio destino è predeterminato. In realtà nessuno conosce il destino che è nella mente di Dio.
Pertanto, tutto ciò che è in divenire, se non per divinazione, non è accessibile alla mente e quindi, non può che essere possibile; mentre, Dio sa che i fatti passati - a noi noti - sono necessari al destino che il futuro ci riserva.
In realtà il dilemma tra necessità e possibilità è un falso problema, perché, ove tra il fatto passato e quello futuro c’è un nesso di causalità o anche di casualità, mi pare che non si producano particolari problemi per riconoscere che il passato è necessario. Quando questo legame viene a mancare, si realizza il pensiero di Kierkegaard, perché il fatto nuovo interrompe la continuità del concatenamento casuale e causale degli eventi.
Napoleone è diventato imperatore di Francia e dintorni! Se, prima, non ci fosse stata la rivoluzione francese, egli non avrebbe mai rivestito la corona imperiale. Gli eventi successivi alla presa della Bastiglia, se non proprio necessari l’uno all’altro, nel loro divenire, erano prevedibili: prima o poi qualcuno avrebbe ripreso la leva del comando e attuato, nella vecchia Europa, quelle riforme che tutti aspettavano! La questione non riguardava l’Inghilterra già riformata un secolo prima, né gli stati che si erano già avviati al protestantesimo.
Dio ha fatto nascere l’uomo giusto, Napoleone, al momento giusto, oppure è l’uomo giusto che ha trovato la strada aperta per la realizzazione di ogni suo atto sino a diventare imperatore? La strada era aperta prima che l’uomo giusto nascesse: con l’esercizio della propria intelligenza e del proprio carisma, ha agito finché è caduto a Waterloo lasciando, peraltro, un segno indelebile ovunque abbia vinto, conquistato o subito sconfitte!
Con ciò voglio dire che sembra essere confermato che la storia si svolga in cicli epocali interrotti da fatti imprevedibili ma possibili, non collegati secondo le regole della causa-effetto e del caso. Sono appunto i fatti entelechiani, che ho chiamato follie! Ho idea di identificare le follie con i colpi del destino che Beethoven ha così bene reso fonicamente con le prime battute della sua quinta sinfonia. Ecco le prime due follie:
- 14 luglio 1789: una grande folla di bottegai, artigiani e lavoratori salariati, muove l’assalto all’Hotel des Invalides, dove s’impossessa di migliaia di fucili. Di qui si porta poi alla fortezza della Bastiglia, che funge da carcere per i prigionieri politici ed è assunta a simbolo dell’assolutismo e, dopo un breve assedio, se ne impossessa.
- 11 settembre 2001: le twin towers!
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Dal dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano, dal quale ho ricavato, alla voce storia, anche le definizioni qui trascritte, traggo le considerazioni sulla storiografia contemporanea che, di seguito, riporto in sintesi.
“La metodologia storiografica contemporanea che storici e filosofi (in fondamentale accordo tra loro) hanno fatto notevolmente avanzare, in questi ultimi tempi, consente di riconoscere all’oggetto storico i seguenti caratteri:
- L’individualità o l’unicità. Un evento storico è unico nel senso d’essere individuato da due parametri fondamentali della cronologia e della geografia e l’unicità è nel senso di essere differente dagli altri coi quali sarebbe naturale raggrupparlo sotto un termine classificatorio differente anche nei modi in cui interessa gli storici quando cercano di spiegarlo. Il detto “la storia non si ripete” esprime più l’ideale storiografico che un presunto carattere del processo storico.
- La correlazione del fatto con gli altri fatti per cui il fatto stesso è spiegato o compreso. Anche su questo fatto concorda la metodologia storica contemporanea. Infatti la spiegazione causale è stata rigettata, come l’hanno rigettata i metodologi della fisica. Col rigetto dello schema causale viene anche eliminato dalla storia la nozione di legge che è legata con esso giacché una legge non esprime che una successione causale di fatti. Così è altresì eliminato il concetto della “necessità” della storia.
- Il significato o l’importanza che l’evento possiede in quanto si offre alla scelta storiografica. L’importanza di un evento consiste nella capacità, che esso ha dimostrato, di condizionare in un modo qualsiasi, gli altri eventi, cioè di produrre nel loro corso variazioni che possono essere attribuite, in qualche modo, all’evento in questione. Il significato di un evento non è una qualità che inerisca all’evento stesso in modo assoluto e che lo accompagni in qualsiasi contesto storiografico; ma può variare, a seconda, appunto, dei contesti o delle scelte che li reggono: sicché un evento che è importante in uno di questi lo è meno o nulla affatto, in un altro."
"Il primo dei caratteri sopra elencati, l’individualità, può essere assunto per distinguere l’oggetto storiografico da quello sociologico o, in generale, quello delle scienze sociali, che possiede, invece, il carattere opposto della ripetibilità (Abbagnano, Problemi di sociologia, 1959, II, 5)
E’ l’insieme dei tre caratteri che vale a distinguere il fatto storico dal fatto di cronaca che non è né individuato, né connesso sufficientemente con altri fatti, né significante.”
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Laddove la spiegazione causale della storia è stata rigettata, non si intende dire del nesso tra gli eventi storici ma della spiegazione del fatto in sé: come, ad esempio, affermare che l’ambizione è stata la causa della caduta di Napoleone, oppure che la rivoluzione francese è stata causata dalla rilassatezza dei costumi della nobiltà e del clero.
Queste sono affermazioni che non spiegano nulla dal punto di vista storico: Napoleone era ambizioso per il potere o per il solo spirito di intraprendere? Tutta la nobiltà e tutto il clero erano corrotti?
Sempre in relazione al secondo carattere, la correlazione, vorrei precisare che sarebbe più esatto parlare di interdipendenza proprio per separare le follie, che sono fatti nuovi che pesano sul normale avvicendamento storico, dal normale succedersi di fatti correlati.
Ricordo, ad esempio, la successione dei re di Francia dal 1610 al 1789, dopo l’assassinio di Enrico IV ad opera del cattolico fanatico François Ravaillac: Luigi XIII, Luigi XIV, Luigi XV e Luigi XVI.
Luigi XVI segna la fine della serie con la sua decapitazione, avvenuta il 21 gennaio 1793.
La serie inizia con la violenta e brusca interruzione della politica riformista della Francia verso una inconsistente applicazione della controriforma sostenuta da Paolo V, attraverso Maria de’ Medici e termina con una rivoluzione ispirata non più al protestantesimo ma all’illuminismo. A mio parere l’effetto delle follie del 1610 e del 1789 è che la cultura francese di oggi è più ispirata ai lumi che a quella della chiesa riformata. Questo potrebbe spiegare anche la forte resistenza operata principalmente dalla Francia ad inserire nella Costituzione Europea un riferimento culturale alle tradizioni giudaico-cristiane.
La storia ha molte definizioni: qui ne ho ricordate qualcuna e credo che ognuna di queste nasconda una verità; basta scegliere quella più aderente alle proprie convinzioni religiose o idealistiche.
Tento, invece, di rappresentare la storia, secondo un mio personale modo di vedere il suo modo di svolgersi nel tempo.
Lo storico, secondo un criterio proprio o imposto e con l’impronta della propria cultura, analizza i fatti di cronaca e riferisce interpretandoli per i loro perduranti effetti combinati. Non ho la pretesa di definire la storia, ma, asetticamente, solo accennare al metodo storico quale ritengo essere utile ai fini del mio scrivere.
Una cosa affermo in modo categorico: "La storia NON è la maestra di vita!".
La storia è fonte di conoscenza, non maestra! Non mi dilungo oltre: consiglio vivamente la lettura de "La storia manipolata" di Denis Mack Smith - (Ed. GLF Laterza)
Roma 18 settembre 2003
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